Onorevoli Colleghi! - Gli stranieri residenti in Italia che hanno un permesso di soggiorno per lavoro, per asilo, per studio, per motivi religiosi o familiari, oppure che sono già in possesso della carta di soggiorno, possono richiedere il ricongiungimento familiare con un proprio caro. Troppo spesso, però, questa opportunità è utilizzata da cittadini extracomunitari per introdurre nel nostro Paese immigrati che non hanno alcun legame di parentela con il richiedente.
      Uno degli strumenti per contrastare un uso improprio e illecito di tale istituto è senza alcun dubbio il test per l'accertamento del DNA. Esso, infatti, è considerato il mezzo più sicuro per accertare la parentela in caso di consanguineità dei richiedenti il ricongiungimento e, nello stesso tempo, non dipende dalla documentazione proveniente dai diversi Paesi di origine degli stranieri che hanno differenze peculiari e che non garantiscono pari opportunità.
      Secondo la direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, recepita con il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, la domanda di ricongiungimento familiare deve essere corredata da documenti che comprovano vincoli familiari. Tuttavia le soluzioni proposte dalla suddetta direttiva, quali i colloqui, le indagini delle Forze dell'ordine, le precedenti coabitazioni dei presunti parenti, non permettono di scongiurare il pericolo di frodi e, quindi, di garantire l'effettività dei vincoli familiari come farebbe invece il test per l'accertamento del DNA.

 

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      In materia è intervenuto poi anche il citato decreto legislativo n. 5 del 2007 che richiede, quale condizione per il rilascio del visto per il ricongiungimento familiare, l'accertamento dell'autenticità della documentazione comprovante i presupposti di parentela. Tuttavia in alcuni Paesi, non esistendo l'anagrafe o versando gli stessi Paesi in situazione di crisi o di emergenza, è più difficile stabilire la consanguineità tra i richiedenti e recuperare quel tipo di documentazione.
      Il test per l'accertamento del DNA servirebbe, quindi, ad evitare in parte le frodi nelle richieste di ricongiungimento familiare, consistenti spesso nella presentazione di documentazione falsa per far entrare uno straniero non legato da vincoli di parentela, a causa anche della corruzione pubblica di alcuni Paesi che permette di falsificare i documenti.
      Inoltre, si eviterebbe il rifiuto della domanda di ricongiungimento familiare qualora il richiedente o i rifugiati si trovassero sforniti di atti civili o di documenti difficili da recuperare e si ridurrebbero le lunghe attese per ricevere dai Paesi di origine i documenti stessi.
      Infine, si aprirebbe la strada agli immigrati che arrivano in Italia legalmente e la si sbarrerebbe ai clandestini.
      Negli altri Paesi europei è stata già attuata una severa politica sull'immigrazione illegale e clandestina mediante lo strumento del test per l'accertamento del DNA.
      La presente proposta di legge è diretta a permettere anche in Italia l'uso del test per l'accertamento del DNA per ottenere il ricongiungimento familiare proprio per fare fronte al flusso di clandestini che determina una grave situazione di insicurezza e di illegalità non più tollerabile nel nostro Paese.
      La proposta di legge in esame consta di un articolo unico che richiede allo straniero, quale requisito obbligatorio per ottenere il ricongiungimento familiare con un consanguineo, il test per l'accertamento del DNA.
 

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